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venerdì 31 agosto 2012

Incredibile, a Siena la maggioranza del Consiglio Provinciale abbandona l'aula!

Atto irresponsabile del PD e delle forze che lo sostengono nella maggioranza del Consiglio Provinciale di Siena. Al momento della discussione dell'ottavo punto all'OdG del consiglio di oggi e che riguardava La Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, hanno abbandanato l'aula facendo mancare il numero legale. La cosa più irresponsabile sono state le motivazioni per la quale hanno compiuto un gesto così deplorevole: "il credito di 43 milioni di euro della Provincia nei confronti della Fondazione e la paventata riduzione delle azioni detenuti dalla Fondazione che rappresenta Provincia e Comune", non erano argomenti sufficienti da meritare una discussione in Consiglio Provinciale, soprattutto quanto queste cose non erano inserite in un documento congiunto delle forze di opposizione. Che a Siena il potere vacillava, lo avevano capito in tanti, ma che l'arroganza e l'autosufficienza arrivava a questo punto non era certo scontato.

Dalla festa di Liberazione: I 5 eroi cubaniincarcerati ingiustamente negli USA


giovedì 30 agosto 2012

Ex segretario del Pd a Palermo scrive a Bersani

di Ninni Terminelli
Caro Segretario,
Il PD e' stato la piu' grande delusione della storia del mio impegno politico. Scrivo questa lettera per comunicare le dimissioni da qualsiasi carica ricoperta nel partito e la mia decisione di lasciare il PD.
Il PD aveva il progetto di unire differenti culture politiche per costruire non un nuovo partito, ma un partito nuovo. Il risultato e' che oggi non esistono piu' i partiti che diedero vita al PD e non esiste il PD.
Il partito, e la Sicilia ne e' un emblema drammatico, ha assunto la forma di una SPA.Una brutta e vecchia organizzazione di stampo feudale, ridotta a Palermo ad un coordinamento di comitati elettorali che non a caso hanno portato il PD ad un penoso e irrilevante 7 per cento contro il 23 per cento delle ultime europee e il 17 per cento delle ultime provinciali, quando ancora mi trovavo alla guida del partito palermitano. 
Tutto questo avviene spesso nei territori nel silenzio di un partito nazionale, impegnato a governare un'innegabile complessità , ma che sempre di più ha abbandonato i territori, a irrisolte beghe e divisioni che spesso logorano giorno per giorno i dirigenti , sottoponendoli in disprezzo a qualsiasi regola politica e di partito e a volte perfino statutaria, ad un processo di lenta e graduale delegittimazione per arrivare alla loro fisiologica rinuncia, sotto i colpi di un correntismo da prima repubblica e da vecchia e brutta DC.
A Palermo, dove non si riesce piu' ad organizzare per veti incrociati nemmeno una Festa Democratica, lo scorso maggio si e' consumato uno scempio politico ed elettorale che ha sterminato un'intera classe dirigente locale, a cui non e' seguito a distanza di mesi alcun intervento del gruppo dirigente nazionale, se non per tutelare i segretari in carica che hanno portato il partito al minimo storico, al di sotto delle percentuali che raggiungevano i Ds e la Margherita.
A tutto questo si aggiunge una nuova vigilia elettorale in Sicilia con un partito sganciato dalla sinistra, dal centrosinistra e dalla realta' della societa' siciliana e ad alleanze con UDC e nuovi poli che sconvolgono elettori gia' disorientati e stanchi.
In queste condizioni e' impossibile andare avanti!E a questo punto non intendo più' dare il mio impegno e il mio tempo ad un partito diventato cosi' sordo e lontano da tanti dirigenti che con dedizione e passione hanno dato i migliori anni della loro vita al partito.
Questa opinione cresce nei territori e attraversa tanti iscritti che si sentono delusi e traditi.
Sottovalutare questo fenomeno dilagante e' un errore grave e una colpa storica.
Io dico basta e mi fermo qui affidando alle forme del movimentismo la prosecuzione del mio impegno politico.
Cordialmente 
Ninni Terminelli

martedì 28 agosto 2012

Austerity democratica


Torna in rilievo proprio in questi giorni il tema del taglio delle Province stabilito nel decreto “Spendig review” che elimina oltre la metà degli enti provinciali italiani e ne stabilisce i criteri di riaccorpamento. Un’operazione che negli intenti potrebbe apparire giustificata: risparmio della spesa, efficientizzazione dell’amministrazione, razionalizzazione del territorio.
Ma le misure adottate percorrono tutt’altra via, poiché il vero motore di questa operazione è, da un lato, la riduzione della spesa pubblica (benché davvero minima!) ma, dall’altro, un taglio drastico della rappresentanza democratica anche sul piano locale.
L’eliminazione delle assemblee provinciali elettive va letta infatti nel più ampio quadro di riassetto istituzionale che, sull’onda della strategia della tensione in salsa “crisi dell’Euro”, ha portato alla decimazione dei consigli comunali (prima con l’accorpamento coatto dei piccoli comuni, poi con la riduzione diretta dei consigli comunali, infine con la creazione di super-sindaci metropolitani) e a progetti di legge che riguardano la riduzione del Parlamento o, addirittura, a forme istituzionali di tipo presidenzialistico.
Un accentramento dei poteri che a prima vista pare cozzare con altri provvedimenti di tipo federalista, ma che, in realtà, ne è il naturale complemento: ad uno Stato che non non garantisce più servizi e diritti fanno specchio Enti locali delegati a meri gabellieri ed esecutori legali delle direttive centrali.
Lo Stato minimo liberista non ha bisogno di enti intermedi “liberi” ma, anzi, come da direttive europee, li vincola in “patti di bilancio” che ne bloccano la spesa in virtù dei criteri finanziari centrali. In questa mostruosità ideologica si inserisce il drammatico calo di rappresentatività delle istituzioni e una pericolosissima deriva antidemocratica.
Pochi tecnici che prendono decisioni a Roma, concordate con Bruxelles o Washington, e altri pochi tecnici che le eseguono rapidamente sul territorio. Al popolo sovrano nemmeno la facoltà di scegliere i suoi amministratori.
Il taglio e riordino delle Province, inoltre, rappresenta l’ennesima beffa istituzionale all’italiana: di fronte ad un sistema delle autonomie locali in evidente stato di bisogno riformatore si risponde con misure economicistiche, razionalizzazioni arbitrarie, che non rispondono alle esigenze reali del territorio ma a vuoti criteri d’accademia.
Eppure il tessuto territoriale italiano, mai veramente pianificato (ma costellato di urbanizzazioni intensive e desertificazioni demografiche), avrebbe bisogno di un riassetto amministrativo che si basi su elementi solidi, che ne garantiscano la durata nel tempo. Innanzitutto vanno rispettate le varietà storiche, linguistiche, culturali, nonché le regioni geografiche e i confini naturali. Va interpretato il reticolato urbano, logistico, industriale, senza indugiare nell’individuazione di più piani amministrativi, proprio in senso inverso rispetto alle direttive europee e alle manovre del Governo Monti.
Non lo status quo e nemmeno un proliferare inutile di enti sovrapposti, ma un sistema di rappresentanza del territorio che individui livelli di amministrazione del territorio efficaci: un decentramento pianificato, in cui ogni ente abbia prerogative certe e solide e in cui le esigenze delle popolazioni locali e dello sviluppo nazionale siano integrate attraverso la partecipazione democratica.
Garantire il senso di comunità, che spesso in altre forme già si esprime nella società civile, non può che favorire una ripresa di coscienza collettiva che deve potersi esprimere attraverso le istituzioni locali e nazionali, e queste devono essere lo strumento di progresso della comunità, non un organismo evanescente cui delegare responsabilità, in senso positivo e negativo.
Oggi come oggi il riassetto delle amministrazioni locali non produrrà una sensibile semplificazione delle procedure, e nemmeno renderà più efficienti le iniziative dello Stato sul territorio: scuole, parchi, sanità, viabilità, servizi, ecc permangono in un limbo di afferenze, dominato sia da vuoti che da eccessi normativi. Si può ben dire che tutto è stato cambiato per non cambiare nulla e che a perderci è solo la rappresentanza e, dunque, la sovranità popolare.
Si capisce dunque che l’alternativa al modello neoliberista di asservimento della democrazia alla finanza passa anche attraverso la rivendicazione di una nuova rappresentanza, quella dei Consigli di quartiere e dei Comitati di fabbrica, per ricostruire il progetto di democrazia popolare necessaria base del progresso sociale.

Marco Nebuloni

Comunicato stampa: precari uniti contro il concorso truffa

I precari della Scuola Statale considerano paradossale la campagna “pubblicitaria” intrapresa dal ministro Profumo riguardo a un concorso-panacea spacciato per un’operazione di “necessario svecchiamento” della scuola pubblica. Il Ministro e i partiti che lo appoggiano vogliono risolvere velocemente i problemi di una scuola privata di 8 miliardi di euro e 150.000 lavoratori, una scuola senza materie “portanti”, senza sostegno e laboratori, una scuola con classi-pollaio, docenti mortificati nei loro diritti e nelle loro aspettative professionali, fatta oggetto di un feroce attacco da parte di forze politiche ed economiche determinate a farne merce da mercato (la Legge “ex Aprea”, DDL 953, il cui passaggio “estivo” è stato scongiurato dai Precari uniti, va nella direzione della privatizzazione della scuola statale, con l’ingresso dei privati in una sorta di consiglio di amministrazione in ogni scuola) e a meccanizzare, isterilendoli, i processi di valutazione.
Tali processi verrebbero neutralizzati con gli avversati e antimetodici test la cui inadeguatezza e miseria culturale è stata denunciata pochi giorni fa da 27 noti intellettuali e docenti universitari italiani, tra cui Luciano Canfora, che hanno additato i marchiani errori commessi dal ministero nel redigere le batterie di test per i TFA e ribadito l’inidoneità della formula del “quiz” per testare capacità e conoscenze di un aspirante docente (si veda il suo intervento apparso sulla Stampa: http://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/news/articolo/lstp/465710).
Sono inoltre sbigottiti nel constatare che le testate giornalistiche nazionali che hanno spesso accolto le proteste e le ragioni dei precari (vd. La Repubblica, ed. di Napoli del 16/07/2012, l’articolo di Conchita Sannino contro il concorso annunciato), si siano frettolosamente ed entusiasticamente precipitate, senza diffondere nemmeno le informazioni “tecniche” di base, a celebrare le magnifiche sorti e progressive che sarebbero prefigurate dall’agire sconsiderato di Profumo, del governo “tecnico” e di PD, PDL, UDC. Il PD aveva promesso ai Precari uniti, nel corso di un’audizione a Montecitorio concessa ai loro delegati il giorno 26/07, un incontro col Ministro proprio riguardo al concorso, ma ora sta appoggiando in tutto il massacro dei diritti acquisiti dai precari.
Vogliono perciò chiarificare, per amor di verità e giustizia, se ancora queste parole hanno un senso e un valore in un paese in cui il nonsenso ha sostituito la razionalità e la paranoia dello spread ha cancellato ogni altro valore, che:
  1. al concorso “dinamizzante” che sarà bandito a settembre sono chiamati a partecipare non i giovani aspiranti docenti, portatori di non si sa quali linfe vitali, ma proprio i matusalemme da “far fuori”, i famigerati precari “storici”, quelli che sono già abilitati, quelli che hanno la gravissima colpa di avere conseguito più di un titolo, di aver superato più di un concorso, di avere, magari, dei dottorati di ricerca, e di aver accumulato, da quando erano “giovani” fino a oggi, cioè a 40-50 anni, tantissimo servizio, mandando avanti la scuola pubblica e facendo sì che la stessa si attestasse su livelli di decenza, mentre piovevano soldi a palate (e, come Monti ha pubblicamente promesso, ancora ne pioveranno!) sui diplomifici privati. In questa scuola creata dai nostri governi si contano 10.000 docenti in “esubero” che la spending review sta per “riciclare” mandandoli ad insegnare una qualsiasi materia, alla faccia dello strombazzato “merito” e della qualità.
  1. E’ falso e ridicolo sostenere che non ci sono stati concorsi dal 1999 ad oggi. Le scuole di specializzazione (SSIS e Scienze della Formazione Primaria) a numero chiuso, con prova selettiva in entrata e prova finale, attivate in ossequio ad una normativa europea che mandava in cantina definitivamente la superata procedura selettiva contestata (la quale ha storicamente dato adito a fenomeni di clientelismo), hanno valore di concorso (legge 306 del 27/10/2000, art. 6 ter e legge 40 del 1990 art.4 comma 2)
  1. Non è possibile, in uno Stato di diritto, fare sperequazioni tra lavoratori con gli stessi requisiti. Dal 2000 ad oggi, infatti, sono stati immessi in ruolo, prima e dopo i tagli Gelmini, migliaia di docenti abilitati, SENZA ALCUNA ALTRA PROVA SUPPLETIVA! Con quale criterio, dopo 10 anni di assunzioni effettuate dalle Graduatorie ad Esaurimento il ministro riesuma il concorso e sottopone ai suoi ridicoli quiz (uguali per tutte le materie, ha detto: un’altra assurdità!) docenti che hanno la stessa anzianità di servizio e gli stessi titoli di chi è stato più “fortunato”? Siamo all’anarchia procedurale, alla follia pura!
    I precari annunciano, perciò, che impugneranno il bando di concorso il giorno stesso della sua pubblicazione eventuale, perché questo concorso spregia e sfregia il Diritto.
I precari invitano la stampa a ragionare sulle contraddizioni di un ministero che calpesta i diritti acquisiti da migliaia di docenti sfruttati, partendo dal presupposto inaccettabile e pedagogicamente destituito di ogni fondamento del “necessario ringiovanimento” del corpo docente italiano, che intanto, però, viene tenuto in cattedra fino a 67 anni.
Proclamano che non si lasceranno umiliare ed epurare, dopo anni di lavoro, passione e sacrifici, dai propositi “eugenetici” del ministro, e che metteranno in campo ogni azione volta a tutelare i loro diritti e la Scuola Pubblica.
Chiedono alla stampa quel minimo di coerenza logica e di onestà intellettuale sufficienti a demolire le menzogne e i castelli ideologici del ministro Profumo, animato dalla smania di “selezionare” chi è già stato selezionato dallo Stato e da migliaia di alunni, lui che, paradossalmente, nessuno ha mai scelto, e chiedono che i tagli vecchi e nuovi vengano ritirati, che gli organici vengano adeguati ai bisogni reali della scuola e che tutti i precari vengano immessi in ruolo, come loro imprescrittibile diritto, dalle Graduatorie, unico strumento meritocratico e trasparente, senza ulteriori, inaccettabili penalizzazioni economiche o professionali.

Precari uniti contro i tagli

martedì 21 agosto 2012

Morto Angelo Di Carlo, si diede fuoco davanti Montecitorio

Nel silenzio assordante dei principali media, evidentemente troppo impegnati a narrare le gesta di tre maldestre aspiranti artiste punk in Russia, così muore per mancanza di lavoro un operaio nella «democratica» Italia. Così come quotidianamente perdono la vita sul posto di lavoro, sempre più precario e sottopagato troppi operai costretti a sottostare al ricatto padronale.

Non ce l'ha fatta Angelo Di Carlo, il suo cuore ha smesso di battere dopo otto lunghissimi giorni d'agonia. L'operaio cinquantaquattrenne rimasto disoccupato, si era dato fuoco per protesta dinanzi palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati. Aveva riportato gravi ustioni sull'ottantacinque per cento del corpo. Da allora era ricoverato presso l'ospedale Sant'Eugenio.

L'uomo originario di Roma, ma da anni stabilitosi in quel di Forlì, il giorno undici di agosto arrivò in piazza verso l'una di notte e tirò fuori una bottiglia di liquido infiammabile che cosparse sul suo corpo. Divenuto una torcia umana si scagliò verso l'ingresso della Camera dei Deputati, il luogo dove da un ventennio a questa parte è stato distrutto il lavoro a colpi di controriforme. Un gesto estremo per una persona piegata da problemi di natura economica, rimasto vedovo, con un figlio a carico e senza lavoro. Da anni ormai faceva i conti con precarietà e mancanza di lavoro. Nello zainetto che aveva con se fu trovata una lettera indirizzata al figlio, a cui lasciò tutti i suoi averi: 160 euro.

Nel silenzio assordante dei principali media, evidentemente troppo impegnati a narrare le gesta di tre maldestre aspiranti artiste punk in Russia, così muore per mancanza di lavoro un operaio nella «democratica» Italia. Così come quotidianamente perdono la vita sul posto di lavoro, sempre più precario e sottopagato troppi operai costretti a sottostare al ricatto padronale.

Fabrizio Verde

venerdì 17 agosto 2012

Emiliano Brancaccio:GLI EFFETTI REALI DEI PIANI ANTI-DEBITO

Omnibus - La7

Ecco la nuova parola d’ordine dell’estate politica: abbattere il debito pubblico tramite un piano di disimissioni del patrimonio e magari anche delle partecipazioni statali nelle aziende strategiche. Tra le tante proposte c’è quella del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, c’è la variante di Franco Bassanini e Giuliano Amato e c’è la ricetta di Angelino Alfano, che si è spinto a proporre dismissioni addirittura per 400 miliardi. Ma quali sarebbero gli effetti reali di questo tipo di proposta? I dati parlano chiaro: un risparmio risibile in termini di spesa per interessi e il rischio di provocare persino danni ai contribuenti in caso di vendita dei migliori asset strategici.  Ne discutono Paola De Micheli (PD), Osvaldo Napoli (PDL), Carlo Puca (Panorama), Fabrizio Forquet (Il Sole 24 Ore), Giampaolo D’Andrea (sottosegretario ai rapporti con il Parlamento), Emiliano Brancaccio (Università del Sannio). Conduce Andrea Pancani.

http://www.emilianobrancaccio.it/2012/08/09/gli-effetti-reali-dei-piani-anti-debito/